Achille
2004-05-20 13:11:56 UTC
Articolo pubblicato oggi sul quotidiano "L'Unione Sarda"
(www.unionesarda.it/unione/2004/NZ2005/LOPI/LET01/A01.html).
L'esperienza di Simona e Pierpaolo si trova anche nel sito:
www.infotdgeova.it/intolleranza.htm .
Molto interessante il commento della giornalista.
Saluti
Achille
.....................................
I Testimoni di Geova giudicano e puniscono un'intera famiglia per aver
assistito in chiesa al matrimonio misto del loro figlio, ed espellono lo
sposo dalla comunità: è successo in provincia di Cagliari. Chi lo rende
pubblico sono gli sposi, amareggiati per ciò che è capitato al loro
matrimonio e alla famiglia dello sposo.
Dal momento in cui decidemmo di celebrare le nozze in chiesa con rito misto,
è stato un susseguirsi di eventi e decisioni da parte dei vertici dell'
organizzazione, arrivati a scoraggiare con fermezza i parenti dello sposo,
Testimoni di Geova, compresi i genitori, dal presenziare alla cerimonia in
chiesa e al ricevimento, pena la successiva perdita di privilegi, stima e
rispetto da parte di tutta la comunità. Grazie a questi metodi persuasivi,
alcuni parenti hanno accettato la prassi dei Testimoni di Geova, mentre i
genitori dello sposo hanno preferito, per amore, essere presenti almeno al
ricevimento.
Nonostante questo, l'accanimento nei nostri confronti è proseguito anche
dopo il matrimonio. Io, lo sposo, sono stato subito contattato e dichiarato
non più membro della congregazione, con la condanna alla "morte civile"
all'interno della comunità, i cui componenti non mi rivolgono più la parola
neanche per un semplicissimo saluto. Mio padre, per essere stato presente al
ricevimento, è stato giudicato colpevole di aver mangiato nello stesso
locale dove erano presenti alcuni invitati cattolici, ex Testimoni di Geova,
perdendo la posizione di "anziano", titolo equivalente al sacerdote
cattolico. La famiglia intera ha subito un danno morale in termini di
considerazione e di stima, che ancora oggi continua ad avere i suoi effetti.
Pensiamo non sia più concepibile in questa società, costruita sui valori di
tolleranza e rispetto per le diversità, accettare un simile comportamento da
parte di cittadini che professano di basarsi su principi cristiani.
Simona e Pierpaolo
Carissimi Simona e Pierpaolo, la vostra amarezza è comprensibile, ma non
lasciatevi travolgere. Avete una grandissima risorsa: l'amore. Quello che vi
portate l'un l'altro e quello della famiglia di Pierpaolo. Che, tra un dogma
e un figlio ha fatto la scelta giusta. Certo, per un credente è una
sofferenza profonda l'essere espulso dalla propria comunità, privato del
rispetto e dell'amicizia. Pierpaolo e i genitori hanno, in questo momento,
un gran bisogno di sostegno. Degli altri, di quelli che vi condannano e vi
isolano, non vi date pensiero. Sciogliete ogni legame con loro, anche quello
del rancore. L'ostracismo verso chi viola regole considerate fondamentali,
non è certo un'esclusiva dei Testimoni di Geova. Esso è praticato, in
maniera più o meno larvata, da tutti i gruppi religiosi. E non solo:
ricordiamo come il Pci espulse, negli anni '60, Rossana Rossanda, Luigi
Pintor e compagni, colpevoli di pensiero critico. Certo, la tolleranza delle
organizzazioni religiose (o politiche) è cresciuta con l'evolversi della
società. Ma il matrimonio è uno dei momenti in cui è più facile che emergano
gli attriti. Per esempio, un musulmano può sposare una cristiana, ma una
musulmana non può sposare un cristiano. La Chiesa fa ogni sforzo per rendere
meno ardui i matrimoni misti (fra cattolici e battezzati non più credenti) o
con disparità di culto (fra cattolici e non battezzati). Però è necessaria
una licenza (nel primo caso) o una «dispensa dall'impedimento». Il coniuge
cattolico deve impegnarsi a battezzare i figli e a crescerli nella propria
fede. In caso contrario, il matrimonio non s'ha da fare. È ancora lunga la
strada verso una piena convivenza fra le religioni. Ma voi, Simona e
Pierpaolo, camminate a testa alta: avete un patrimonio di coraggio e affetto
da trasmettere ai figli.
Daniela Pinna
(www.unionesarda.it/unione/2004/NZ2005/LOPI/LET01/A01.html).
L'esperienza di Simona e Pierpaolo si trova anche nel sito:
www.infotdgeova.it/intolleranza.htm .
Molto interessante il commento della giornalista.
Saluti
Achille
.....................................
I Testimoni di Geova giudicano e puniscono un'intera famiglia per aver
assistito in chiesa al matrimonio misto del loro figlio, ed espellono lo
sposo dalla comunità: è successo in provincia di Cagliari. Chi lo rende
pubblico sono gli sposi, amareggiati per ciò che è capitato al loro
matrimonio e alla famiglia dello sposo.
Dal momento in cui decidemmo di celebrare le nozze in chiesa con rito misto,
è stato un susseguirsi di eventi e decisioni da parte dei vertici dell'
organizzazione, arrivati a scoraggiare con fermezza i parenti dello sposo,
Testimoni di Geova, compresi i genitori, dal presenziare alla cerimonia in
chiesa e al ricevimento, pena la successiva perdita di privilegi, stima e
rispetto da parte di tutta la comunità. Grazie a questi metodi persuasivi,
alcuni parenti hanno accettato la prassi dei Testimoni di Geova, mentre i
genitori dello sposo hanno preferito, per amore, essere presenti almeno al
ricevimento.
Nonostante questo, l'accanimento nei nostri confronti è proseguito anche
dopo il matrimonio. Io, lo sposo, sono stato subito contattato e dichiarato
non più membro della congregazione, con la condanna alla "morte civile"
all'interno della comunità, i cui componenti non mi rivolgono più la parola
neanche per un semplicissimo saluto. Mio padre, per essere stato presente al
ricevimento, è stato giudicato colpevole di aver mangiato nello stesso
locale dove erano presenti alcuni invitati cattolici, ex Testimoni di Geova,
perdendo la posizione di "anziano", titolo equivalente al sacerdote
cattolico. La famiglia intera ha subito un danno morale in termini di
considerazione e di stima, che ancora oggi continua ad avere i suoi effetti.
Pensiamo non sia più concepibile in questa società, costruita sui valori di
tolleranza e rispetto per le diversità, accettare un simile comportamento da
parte di cittadini che professano di basarsi su principi cristiani.
Simona e Pierpaolo
Carissimi Simona e Pierpaolo, la vostra amarezza è comprensibile, ma non
lasciatevi travolgere. Avete una grandissima risorsa: l'amore. Quello che vi
portate l'un l'altro e quello della famiglia di Pierpaolo. Che, tra un dogma
e un figlio ha fatto la scelta giusta. Certo, per un credente è una
sofferenza profonda l'essere espulso dalla propria comunità, privato del
rispetto e dell'amicizia. Pierpaolo e i genitori hanno, in questo momento,
un gran bisogno di sostegno. Degli altri, di quelli che vi condannano e vi
isolano, non vi date pensiero. Sciogliete ogni legame con loro, anche quello
del rancore. L'ostracismo verso chi viola regole considerate fondamentali,
non è certo un'esclusiva dei Testimoni di Geova. Esso è praticato, in
maniera più o meno larvata, da tutti i gruppi religiosi. E non solo:
ricordiamo come il Pci espulse, negli anni '60, Rossana Rossanda, Luigi
Pintor e compagni, colpevoli di pensiero critico. Certo, la tolleranza delle
organizzazioni religiose (o politiche) è cresciuta con l'evolversi della
società. Ma il matrimonio è uno dei momenti in cui è più facile che emergano
gli attriti. Per esempio, un musulmano può sposare una cristiana, ma una
musulmana non può sposare un cristiano. La Chiesa fa ogni sforzo per rendere
meno ardui i matrimoni misti (fra cattolici e battezzati non più credenti) o
con disparità di culto (fra cattolici e non battezzati). Però è necessaria
una licenza (nel primo caso) o una «dispensa dall'impedimento». Il coniuge
cattolico deve impegnarsi a battezzare i figli e a crescerli nella propria
fede. In caso contrario, il matrimonio non s'ha da fare. È ancora lunga la
strada verso una piena convivenza fra le religioni. Ma voi, Simona e
Pierpaolo, camminate a testa alta: avete un patrimonio di coraggio e affetto
da trasmettere ai figli.
Daniela Pinna