Post by Manuel@Post by AialonPost by Manuel@Anche l'apostolo Paolo derideva e
perseguitava i cristiani prima di divenirlo lui stesso...
No, quel tizio è stato proprio quello che ha inventato
il Cristianesimo.
Mi pare che così non sia scritto su Vangeli e NT in generale. Il
cristianesimo aveva già iniziato a diffondersi prima della comparsa di
Paolo come apostolo...
Io analizzo questi scritti, ma magari facendo ricerche su Internet...
Appunto e anche magari poi fai qualche sforzo per leggerle :))
Perché San Paolo ha inventato il cristianesimo?
Certamente non possiamo esonerarci dal considerare in modo attento
questa domanda senza rischiare, altrimenti, di avere elaborato una
interpretazione ricca di indizi a suo favore ma, ahimé, mancante
dell'elemento più importante.
Infatti dobbiamo individuare il motivo fondamentale per cui sarebbe
stata operata la revisione del messianismo tradizionale degli ebrei e la sua
trasformazione in una teologia destinata a staccarsi dalla matrice giudaica
o, addirittura, a porsi in conflitto con essa per i secoli successivi.
Come abbiamo già detto, la figura su cui ricade il massimo della
responsabilità di questo processo è quella che la tradizione cristiana
riconosce nella persona di San Paolo.
Chi era San Paolo? E perché avrebbe inventato il cristianesimo?
E' straordinario constatare il modo in cui la letteratura cristiana lascia
questo personaggio in una condizione di quasi anonimato, sfocandone al
massimo il profilo biografico e l'identità anagrafica. Non sappiamo quando
sia nato, chi fosse la sua famiglia, in che periodo sia venuto a Gerusalemme
per compiere gli studi e, quel ch'è più clamoroso, lo scritto del Nuovo
Testamento che si occupa di lui (Atti degli Apostoli) lo abbandona
completamente a metà di un percorso narrativo, senza dirci niente sul suo
destino.
Le sue lettere, che oggi appartengono al corpus del canone neotestamentario,
hanno l'aria di essere dei documenti ricchi di contraffazioni, se non,
qualche volta, per niente autentici.
Alcuni autori giungono persino a mettere in dubbio il fatto che questo
personaggio fosse un autentico ebreo, come egli proclama negli scritti del
Nuovo Testamento che gli sono attribuiti. Personalmente non mi sento di
sostenere questa tesi estrema, ma posso associarmi ad alcune constatazioni
che sembrano dare un profilo elastico alla ebraicità di San Paolo.
A.N.Wilson, in "Paolo l'uomo che inventò il cristianesimo" (Rizzoli, 1997),
sostiene, in modo abbastanza verosimile, che Paolo fosse un personaggio
molto legato e compromesso col mondo romano, soprattutto per il fatto che la
sua professione sarebbe stata quella di produrre tessuti per tendaggi usati
dalle legioni militari imperiali. E' certo che i suoi famosi viaggi non sono
stati effettuati al fine primario di compiere un'opera missionaria ma che,
piuttosto, egli ha approfittato della circostanza professionale dei suoi
continui spostamenti commerciali per svolgere anche un proselitismo
politico-religioso (non ci si meravigli di questa associazione fra politica
e religione: nel mondo semitico degli ebrei la politica e la religione sono
legate indissolubilmente da una concezione di vita prettamente teocratica).
Ciò che caratterizza l'identità culturale di Paolo è una ebraicità molto
aperta, una estrema abitudine, per ragioni di ambiente di nascita e di
esperienze di vita, al contatto con le culture gentili, ovverosia pagane. E
non c'è alcuna possibilità di comprendere storicamente questo individuo e la
sua opera se non si parte proprio dall'idea che le sue formulazioni
teologiche, sfociate nella nascita di una nuova religione, abbiano origine
nel contrasto stridente fra...
a.. ...da una parte, la ebraicità ottusa, fanatica, fondamentalista e
xenofoba (la concezione hassidica, sviluppatasi dal patriottismo politico
religioso dei maccabei del II secolo a.C.), che nel I sec. d.C. trovò la sua
principale espressione nel messianismo esseno-zelota, e la sua collocazione
geografica nell'ambiente palestinese,
b.. ...dall'altra parte, la ebraicità aperta, maturata attraverso il
contatto e la convivenza con i popoli e le culture gentili, disponibile alla
reinterpretazione delle scritture in senso molto elastico (una concezione di
cui furono tipici rappresentanti uomini come Filone Alessandrino, Giuseppe
Flavio, e il primo Shaul, successivamente nominato Paolo), per niente
interessata allo sviluppo di una conflittualità estrema fra Israele e Roma,
con una collocazione geografica rivolta soprattutto agli ambienti della
diaspora.
Sono le tensioni fra questi due modi di essere ebrei, e le drammatiche
vicende politiche e militari della nazione ebraica sotto il dominio
imperiale, sempre in altalena fra le azioni dei patrioti Ebrei e le
repressioni romane, che fornirono i presupposti del processo attraverso il
quale si sviluppò per gradi...
1 - ...prima, una coscienza contraria al messianismo radicale degli
esseno-zeloti,
2 - ...poi una corrente politica altrettanto radicale, ma in senso
anti-messianista, espressione delle classi dominanti di Israele (sadducei e
farisei di destra),
3 - ...quindi una tendenza a rileggere le profezie messianiche con
significati contrari a quelli esseno-zelotici, e aperta ai contributi
teologici delle spiritualità gentili,
4 - ...infine una corrente militante, di cui il San Paolo del dopo Damasco
fu il fondatore e il promotore indefesso, che, pur di contrastare il
messianismo hassidico e i suoi estremi pericoli per la sicurezza della
nazione ebraica, era disposta a crearne un altro, aperto alle teologie
escatologiche straniere (vedi il Soter greco, il Saoshyant persiano, il
Krishna e il Buddha indiani...), sopportando il rischio (o forse andandogli
volutamente incontro) che ciò innescasse una sorta di mitosi teologica il
cui prodotto, alla fine, fosse la nascita di una nuova religione e la sua
scissione dal giudaismo.
In un primo tempo San Paolo sarebbe stato senz'altro un esponente
della corrente di cui al punto 2. E' facile che egli, in quanto benestante,
colto, professionista con molte occasioni di viaggio e con molti contatti in
ambienti sia ebraici che greco-romani, sia stato coinvolto nella politica di
repressione delle "brigate messianiste" e che abbia collaborato come
informatore o anche in modo più consistente.
Non si dimentichi che i cristiani, al centro della attenzione
repressiva, in questa fase del processo di evoluzione del cristianesimo, non
erano ancora ciò che intendiamo oggi con quel termine, bensì erano i giudei
messianisti, ovverosia i membri delle sette che aspiravano alla rinascita
del regno di Yahwè e all'interno delle quali si individuavano le figure
degli aspiranti messia, capi religiosi con la spada in mano.
Siamo noi che commettiamo il gravissimo errore di interpretare il
movimento dei seguaci diretti di Cristo come se questi avessero già
incorporato la filosofia espressa nel Nuovo Testamento, che rende
spoliticizzato, degiudaizzato e pacifista il messaggio evangelico, prima
ancora che Paolo lo avesse formulato.
In realtà, gli stessi Atti degli Apostoli, sebbene siano stati redatti col
preciso scopo di far apparire la concezione neomessianica di Paolo come se
fosse appartenuta a Gesù Cristo, proponendo in modo del tutto artificiale la
continuità e la conformità là dove invece sussistono discontinuità e
contrapposizione, finiscono per mostrare loro malgrado, con innegabile
chiarezza, l'esistenza di un grave conflitto fra una corrente giudaizzante
(identificata nelle persone come Simone e Giacomo, i fratelli di Gesù) e una
corrente riformista con aperture ellenistiche (identificata nelle persone
come Paolo e i suoi seguaci).
In un secondo tempo San Paolo avrebbe maturato un atteggiamento diverso,
probabilmente rendendosi conto che la strada della semplice repressione
politica, consistente nell'arresto e nella eliminazione fisica degli
esponenti messianisti, non avrebbe funzionato molto, tanto più che le
ideologie radicali del tipo esseno-zelotico non si fermavano davanti al
martirio (abbiamo visto il comportamento dei cittadini di Gamla e degli
assediati di Masada) ma, al contrario, ne traevano nuovo orgoglio e nuova
energia combattiva. In pratica Paolo comprese che l'ideologia messianista
tradizionale avrebbe potuto trovare un antagonista valido solo in un'altra
ideologia, e che l'argine per ostacolare l'espansione del messianismo
radicale nei diversi strati della popolazione ebraica, e per allontanare i
suoi gravi pericoli, avrebbe potuto essere offerto solo da un altro
messianismo, non così bellicoso, non così ispirato al nazionalismo yahwista,
non così frontalmente ostile ai romani, ma comunque rispondente ad istanze
che avessero una risonanza reale nella gente e in larghi strati di popolo.
Insomma, invece di seguire la via degli arresti e delle esecuzioni, Paolo
preferì offrire un'alternativa all'idea della salvezza nazional-religiosa
(questa fu la sostanza reale della sua conversione) e si adoperò per creare
un messianismo più convincente di quello che, pur solleticando l'orgoglio
etnico, che è il tratto distintivo di ogni ebreo, metteva tutti quanti di
fronte al timore (poi confermato dalle vicende della guerra degli anni
66-70) che i romani ricorressero alla soluzione definitiva e che Israele
precipitasse nella più sventurata delle catastrofi. E' questa, e soltanto
questa, la corretta chiave interpretativa attraverso la quale noi possiamo
capire ciò che gli Atti degli Apostoli ci presentano, molto falsamente e
opportunisticamente, come una semplice divisione di competenze fra Paolo e
gli Apostoli giudaizzanti: evangelizzatore dei gentili l'uno,
evangelizzatori degli ebrei gli altri.
Altro che divisione di competenze! La verità è che questi ultimi erano
legati alla concezione messianica di derivazione maccabea, ovvero al
patriottismo nazional-religioso degli esseno-zeloti, ostile per natura al
mondo gentile; mentre Paolo aveva già sparso i semi di una filosofia di
apertura al pensiero extragiudaico, al punto da rappresentare il suo Gesù
Cristo con caratteristiche che appartenevano assai più agli dei incarnati e
risuscitanti delle teologie gentili che non alla figura messianica delle
profezie giudaiche.
Ora, noi abbiamo molti motivi per credere che Paolo, nella sua città di
origine, Tarso, in Cilicia, abbia avuto contatti molto ravvicinati con le
culture religiose ellenistiche ed orientali, anzi, proprio con i culti detti
misteriosofici, in cui si celebravano complicati riti iniziatici. Di questi
possiamo avere una bellissima descrizione divulgativa, accessibile anche ai
non addetti ai lavori, nell'opera di J.G.Frazer, "Il Ramo d'Oro" (Newton
Compton, 1992), dalla cui lettura possiamo arrivare a capire che certi
elementi teologici della figura di Gesù Cristo devono essere stati mutuati
dai culti extragiudaici come quelli di Attis, Adonis, Osiride, Dioniso,
Mitra... mi riferisco alla nascita verginale, alla resurrezione dopo tre
giorni di discesa agli inferi, all'innesto del concetto teofagico (cibarsi
della carne e del sangue del Dio) sui contenuti del rito eucaristico esseno
(la fractio panis di cui abbiamo visto nel manuale di disciplina di Qumran).
Ora, la quasi totalità dei cristiani nega che il Cristo giustiziato da
Ponzio Pilato, con l'accusa di avere militato per diventare "re dei Giudei",
avesse l'intenzione di diventare realmente "re dei Giudei" e abbia mai avuto
a che fare col messianismo nazional-religioso degli esseni e degli zeloti. E
supportano questa loro irremovibile convinzione sulla base della
tradizionale immagine evangelica di un Gesù che predica amore, pace,
perdono, non violenza, che contraddice alcune caratteristiche del pensiero
ebraico messianista (Gesù siede a tavola coi gentili, deroga alla regola del
sabato...), e considerano la vicenda del processo, della condanna e della
esecuzione romana mediante crocifissione (il tipico destino dei latrones e
dei sicarii, ovverosia degli zeloti) come un clamoroso equivoco giudiziario,
da cui Pilato, vittima dei raggiri dei sacerdoti del tempio, esce
praticamente scagionato, e con lui tutti i romani. Un equivoco generato
dalle false accuse che i giudei avrebbero prodotto nel presentare Gesù a
Ponzio Pilato, al fine di indurre proditoriamente i romani a giustiziarlo.
Ma il meccanismo non è questo! Il punto falso non risiede in quelle accuse
di militanza esseno-zelota, bensì nell'immagine del Cristo apolitico,
demessianizzato, addirittura quasi degiudaizzato, che propone nell'imminenza
della Pasqua ebraica, ad una assemblea di giudei, cerimoniali di sapore
nettamente gentile (l'eucarestia teofagica come rito sacrificale del dio
incarnato), una immagine costruita a posteriori dalla scuola di San Paolo. E
naturalmente non è legittimo dimostrare che il Cristo era un pacifista, che
non era il Messia, che era estraneo ai movimenti esseno-zelotici,
utilizzando a questo scopo i documenti che furono costruiti apposta per
sostenere l'ideologia antimessianista e per alterare la figura di Cristo.
Insomma, quando noi leggiamo i Vangeli (i Vangeli del canone ecclesiastico,
naturalmente, non la letteratura primitiva del giudeo-cristianesimo che, del
resto, è stata opportunamente tolta di mezzo), noi non abbiamo davanti agli
occhi l'immagine storica di Gesù Cristo, bensì l'immagine costruita
artificialmente dalla revisione paolina come base della catechesi
neocristiana. I Vangeli sono il manifesto antimessianista (e quindi
anti-Cristo-della-storia) che ci mostra, non le idee di Gesù, ma le idee di
Paolo e dei suoi seguaci, ovverosia di colui che è stato fra i nemici più
accaniti di Cristo e che non si è affatto convertito ma che, in un secondo
tempo, ha convertito l'ideale di Cristo, appartenente al pensiero giudaico
più radicale, in una filosofia extragiudaica. Una conversione che è stata
ripetuta in modo assai simile, tre secoli dopo, dallo stesso imperatore
Costantino, che non si è mai convertito al cristianesimo di Gesù nel modo in
cui sostiene una certa interpretazione storica, ma che ha trovato
convenienti motivi per convertire ulteriormente la teologia cristiana e
renderla sempre più compatibile con le religioni già in voga nell'impero
romano (fu lui a volere energicamente il concilio di Nicea e a dare inizio
ad un'epoca plurisecolare di caccia all'eresia).
In pratica, dopo queste molteplici e successive operazioni di ricostruzione
teologica realizzate nell'arco di tre secoli, le cose che leggiamo oggi nei
Vangeli servono a indicarci ciò che Gesù non era molto più di quanto non
possano servire ad indicarci ciò che Gesù era. Anche se questa è un'idea
inaccettabile da parte di coloro che sono innamorati dell'immagine
neo-cristiana del Gesù figlio di Dio e che non possono tollerare che tale
immagine sia ridotta dall'analisi storica ad un prodotto di pura creatività
teologica.
Non possiamo dimenticare le parole scritte dai Padri della Chiesa Ireneo,
Eusebio, Teodoreto:
"...(gli Ebioniti) seguono unicamente il Vangelo che è secondo Matteo e
rifiutano l'apostolo Paolo, chiamandolo apostata della legge...". (Ireneo,
Adv. Haer., I, 26).
"...Gli Ebioniti, pertanto, seguendo unicamente il Vangelo che è secondo
Matteo, si affidano solo ad esso e non hanno una conoscenza esatta del
Signore...". (Ireneo, Adv. Haer., III, 11).
"...costoro pensavano che fossero da rifiutare tutte le lettere
dell'apostolo (Paolo), chiamandolo apostata della legge, e servendosi del
solo Vangelo detto secondo gli ebrei, tenevano in poco conto tutti gli
altri...". (Eusebio di Cesarea, Hist. Eccl., III, 27).
"...(I Nazareni) accettano unicamente il Vangelo secondo gli Ebrei e
chiamano apostata l'apostolo (Paolo)...". (Teodoreto, Haer. Fabul. Comp. II,
1).
"...Essi sono Giudei che onorano Cristo come uomo giusto e usano il
Vangelo chiamato secondo Pietro...". (Teodoreto, Haer. Fabul. Comp. II, 2).
Ma questi ebioniti, nazorei (o nazareni) ed ebrei, altri non erano che gli
esseno-zeloti o i discendenti degli esseno-zeloti che si erano messi a
tavola col Messia e avevano spartito il vino e il pane con lui, poco prima
del suo arresto sul monte degli ulivi, e coi quali Paolo si era sempre
trovato in conflitto al punto da essere considerato "uomo di menzogna" sia
nei suddetti vangeli giudeo-cristiani, sia nei documenti qumraniani come il
Commentario di Abacuc [vedi R.Eisenman "James the brother of Jesus"]. Ed è
contro di loro che si è scatenata, per secoli, una severa censura storica ed
ideologica, finalizzata agli interessi del riformismo neo-cristiano e della
istituzione che di esso si era fatta rappresentante.
Studio di David Donnini (ciao eupe)
-Comunque se cominci a fare ricerche poi vedrai dopo ci provi gusto.
Post by Manuel@Post by AialonPost by Manuel@Post by AialonNon posso, le castronerie cristiane , non sono nella mia mente.
Ma fai attenzione ugualmente, perchè potrebbero non esserci solo quelle nella
mente degli uomini!!
Lo so, ce ne sono molte di più in in quelle delle donne.
Direi che hai molto poco rispetto della categoria alla quale appartiene
chi ti ha dato la vita!! Inolte tante guerre e disastri, mi spiace, ma
provengono quasi esclusivamente dalla stoltezza "maschile". ;-)) Detto
questo ognuno di noi, uomo o donna che sia, è un individuo a sè e credo
che ognuno abbia limiti e pregi esclusivi. Io posso avere, e sicuramente
ho, limiti come puoi averli, e sicuramente avrai, anche tu
indipendentemente dalla nostra sessualità ;-)
........e poi dici che non sei permalosa, ma non ti rendi conto che scherzo?
Ti metto la faccia va'
:)))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))
Post by Manuel@Post by AialonTe l'ho già detto gli uomini non sono loro discendenti, sono cugini.
Certo che questo gruppo è di una noia mortale.........., ma i tuoi
colleghi che fine hanno fatto?
"Cugini"... mi pare che dicessi proprio che questa specie si è evoluta
fino al punto in cui Dio ha pensato di mettere, in una coppia di questi
animaletti, l'anima.
Mai detto una cosa simile.
Loro hanno un'anima animale, non possiedono le parti di anima più elevate
che abbiamo noi.
Post by Manuel@Ti saluto cordialmente e ti prometto che non ti annoierò ulteriormente su
questo argomento.
Non mi annoi, anzi, ho parlato di noia, perchè volevo fare una
considerazione sul deserto dei tartari che è divehtato questo ng,
e volevo il tuo parere, ma perchè interpreti sempre negativamente
quello che dico?
Non mi riferivo certo a te, però rileggendo mi rendo conto che
potrei aver dato quell'impressione effettivamente, scusa.
Cercherò di fare più attenzione ad esprimermi.
Ciao
A.